"Prendersi cura dei bambini, imparare ad ascoltarli, ad interagire a costruire insieme nuovi scenari di vita è tanto importante per loro, in qualità di soggetti sociali, quanto per gli adulti: riformulare in termini nuovi la metafora dell'infanzia muta anche l'auto-rappresentazione che gli adulti fanno di se stessi e della loro vita, ricordandoci che, almeno in una prospettiva laica, i figli sono l'unico futuro che abbiamo"
S. Vegetti Finzi
Quando parliamo degli strumenti e delle politiche da attuare per rendere la città più decorosa dovremmo partire dal presupposto che una Città affinché sia rispettata nei suoi spazi, nei luoghi identitari, nei quartieri, nei parchi, deve essere amata dai suoi cittadini.
Come si può pensare di far crescere e migliorare una città se non partendo dalla persona, dal Cittadino? La formazione riveste un ruolo centrale nella crescita armoniosa della Città. L’Urban Center di Rovereto dovrà farsi anche promotore dell’educazione e del coinvolgimento dei bambini e dei ragazzi.
La nostra società è sempre più caratterizzata dalla tendenza a delegare, questo si traduce spesso in disinteresse ed indifferenza nei confronti delle persone che ci circondano e del suolo in cui viviamo. La società, per definizione, è un insieme di individui che si relazionano. Prenderne atto vuol dire essere cittadini consapevoli ed informati.
Una società cosciente del suo patrimonio storico-culturale, della realtà dei più sfortunati, delle sue potenzialità di sviluppo, affida alla formazione un ruolo primario. Far crescere i ragazzi come cittadini consapevoli ed informati richiede uno sforzo collettivo. L’Urban Center, come agenzia di democrazia e sviluppo e come facilitatore di processi partecipativi, dovrà interagire con gli istituti scolastici attraverso la proposta di attività che educhino i ragazzi attraverso progetti tendenti alla formazione di cittadini consapevoli, e li coinvolgano insegnando la storia dei suoi luoghi e le prospettive sul suo futuro.
I giovani della città saranno coinvolti e messi in relazione con studenti delle varie realtà cittadine, in attività di formazione e di ricerca, di ideazione: attraverso progetti e produzione di materiali, di attori dello spazio urbano: attraverso laboratori e workshop. Esperienze virtuose, come i Monumenti Aperti, ci insegnano che rendere il ragazzo protagonista della narrazione della città vuol dire educarlo alla cittadinanza di qualità, dove la formazione ed il coinvolgimento sono due presupposti necessari.
Per crescere, come città, partiamo dalla Persona, iniziamo dai piccoli.
Per queste ragioni ritengo che sia necessario prevedere all'interno dell'Urban Center uno spazio dedicato ai più piccoli!
Porre al centro l'infanzia per realizzare il giusto equilibrio tra "la buona quotidianità amministrativa e la lungimiranza delle scelte" significa essere disponibili a mettere in discussione parecchia cattiva quotidianità amministrativa e ottusità nelle scelte.
Innanzitutto, comporta considerare l'infanzia non più come una semplice condizione di natura, un non essere adulto, bensì come una complessa costruzione sociale, nella quale i bambini e le bambine diventano attori autonomi indipendenti nella città e nella società. Lo spazio urbano contemporaneo concede autonomia e indipendenza ai bambini? I bisogni e le esigenze degli abitanti (non solo bambini) urbanizzati legate alle dimensioni fisica, relazionale e sociale restano spesso disattesi: purtroppo "mirare al verde e giochi nelle percezioni e nelle sensibilità di oggi" non è un aspetto scontato. E' necessario superare la logica delle isole felici recintate (il parco giochi, la scuola, l'area sportiva…) unici spazi concessi ai bambini per vivere, separati dal resto e sorvegliati dagli adulti. Chi legge provi a ricordare in quali luoghi e condizioni da bambino passava più volentieri il proprio tempo. Non solo, andrebbero probabilmente rivisti molti degli spazi dedicati ai bambini per giocare, per apprendere, per vivere. Che dire delle strade, delle piazze, dei cortili? Sono spazi spesso negati ai bambini, ma lo sono altrettanto spesso anche per gli adulti. Automobili in transito o parcheggiate in ogni angolo, spazi costruiti senza alcuna attenzione alle esigenze di relazione e di identificazione di chi li vive: bambini, adulti, anziani, giovani, abili e disabili, nuovi e vecchi abitanti. Considerare il bambino come parametro della vivibilità degli spazi urbani è un'opportunità anche per chi bambino non lo è più, perché accogliendo la diversità e la complessità dell'infanzia nella gestione e costruzione degli spazi urbani, si lavora nella direzione della ri-appropriazione dell'identità e dei luoghi per tutti gli abitanti, considerando il fatto che un positivo rapporto intergenerazionale è forse la chiave di volta per la costruzione di una nuova cittadinanza, che accolga e non discrimini, che riconosca le esigenze di tutti. Per questi motivi credo si possa e si debba chiedere più di un luogo simbolo per i bambini. C'è sicuramente bisogno di luoghi come l'Urban Center per formare le nuove generazioni, ma tutto ciò ha senso se inserito in un tessuto più esteso fatto di strade e cortili dove ci sia posto per i bambini per i loro giochi spontanei e di spazi di natura non per forza strutturati con giochi omologati. In molte parti del mondo industrializzato, poche purtroppo in Italia, l'approccio alla città che pone il bambino come parametro è già una prassi consolidata, fatta di una buona quotidianità amministrativa, dove i simboli del cambiamento sono concreti come, ad esempio, semplici rastrelliere a forma di porcospino progettate dai bambini cariche di piccole bici davanti alla scuola.
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